 A Padova dal 29 novembre al 3 dicembre Videopolis La settima edizione del festival video-cinematografico
di red.  Padova. Tra pochi giorni prenderà il via la settima edizione del festival nazionale video-cinematografico Videopolis, sulla rappresentazione dello spazio urbano, e si svolgerà a Padova dal 29 novembre al 3 dicembre presso il cinema Torresino.
La manifestazione, promossa e realizzata dalla Regione Veneto, ha saputo ricavarsi nel tempo una sua precisa collocazione a livello nazionale, consolidando la sua presenza nel panorama delle più importanti rassegne di settore dedicate al linguaggio audiovisivo. Videopolis costituisce una interessante vetrina per giovani autori e favorisce le produzioni di nuove opere videocinematografiche attribuendo premi finalizzati direttamente alla produzione. Quest’anno sono pervenute oltre 140 opere, contro le 120 dell’edizione 2004. I migliori video selezionati sono stati inseriti nelle tre sezioni che articolano il concorso: “City fiction”, “Documentario oggi”, “Visioni digitali”. A conclusione del festival, sabato 3 dicembre, la giuria composta da Folco Quilici, Claudio G. Fava, Piero Zanotto, Adriano Rasi Caldogno, Franco Miracco e Antonio Cassuti, assegnerà ai vincitori, il premio “Videopolis Veneto Studio System” di 20.000,00 euro, ed altri premi minori.
Durante il festival si terrà anche la rassegna, che tradizionalmente affianca le sezioni a concorso riprendendone contenuti e spunti, dedicata quest’anno al tema del "Nero metropolitano": come dire ‘il lato oscuro della città’, tanto caro all’immaginario moderno e così radicato nella produzione video-cinematografica contemporanea da aver dato vita a veri e propri, consolidatissimi generi e ad opere di culto ( dal film giallo fino ai videogiochi di ambientazione metropolitana).
E’ in questa chiave di lettura che il tema del nero si snoda tra le pieghe della rassegna che accompagna il concorso. In primis tra le reliquie polverose, goticovittoriane ma così moderne e originali, del mondo dei Brothers Quay e l’humor nero-surreale, squisitamente e inconfondibilmente praghese, di un maestro dell’animazione live action come Jan Svankmajer. E come poteva mancare un omaggio al maestro comune Franz Kafka (anche lui praghese) con la strepitosa versione animata de “ La Metamorfosi ” della canadese Caroline Leaf ?
In alcuni casi la città non si vede mai, ma è intrinsecamente presente come condizione stessa di pensabilità dell’opera: lo scenario si riduce alle Quattro mura di una stanza, luoghi che custodiscono i segreti vitali dell’intimità od occultano drammi inconfessabili, ma comunque frammenti di realtà urbana, cellule che rimandano all’organismo complessivo. La città sembra latitare anche nell’ambientazione provinciale e perfino rurale del sorprendente docu-fiction Il mistero di Lovecraft – Road to L. dei registi Federico Greco e Roberto Leggio, tutto girato fra le strade di Loreo (che certo metropoli non è) e i campi e i canali limitrofi, nel cuore del Polesine. Tentativo d’importazione del gotico anglosassone, di far bussare anche alla porta di casa brividi ancestrali dismessi?
Forse il modello urbano diffuso che caratterizza il nostro territorio, ha creduto di poter bandire gli esseri fantastici e paurosi delle mitologie contadine. Sta anche qui l’originalità del lavoro di Greco e Leggio che osano allungare un’ombra di inquietudine sulle insospettabili contrade domestiche. Diverso l’approccio della sezione mixed-media. Qui la notte e la città esplodono sul filo della trasgressione configurandosi come occasione di “apertura”, in spazi e creatività. I gradi di libertà e di tolleranza crescono esponenzialmente, il confine tra legale e illegale, tra (political) correct e incorrect, si fanno labili e soggettivi. Nelle opere di videoart presentate con il contributo della critica d’arte Valentina Tanni, la città di notte diventa laboratorio vivace per idee e progetti: per l’arte che si cimenta nell’espressività digitale ogni evento, anche minimo, supera l’effimero per ridelinearsi come irrinunciabile sensazione creativa.
Ma come trascurare la suggestione e l’intrigo che, nel nero metropolitano, scaturiscono dalla classicità del cinema? Penetriamo così nella tetra notte di Ombre e nebbia con l’omuncolo Kleinmann a citare (oltre all’universo alleniano) le atmosfere dell’espressionismo tedesco e degli incubi kafkiani. A dar corpo alla tradizione horror di Lovercraft (e di Larry Talbot) ci pensa il sempreverde Un lupo mannaro americano a Londra di Landis; mentre per l’omaggio al noir classico la scelta urbana è caduta sulla Vienna cupa e notturna de Il terzo uomo di Carol Reed.
In chiusura il pianoforte di Giovanni Mancuso conferisce il giusto tocco sonoro, il valore musicale aggiunto di un compositore contemporaneo a The Lodger (1926): gli albori del cinema e della classe di sir Alfred Hitchcock, i crimini dell’invisibile assassino e il panico che erge a mostro un innocente… A story of the London Fog: a Londra, come nel Polesine, è il velo della nebbia il sipario simbolico che, scendendo, apre la rappresentazione del lato oscuro dell’immaginario fino alle viscere profonde della città e dell’animo umano.
(Mercoledì 23 Novembre 2005)
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