.


Recensioni Festival Eventi Sipario Home video Ciak si gira Interviste CineGossip Gadget e bazar Archivio
lato sinistro centro

Home Archivio      Stampa questa pagina  Invia questa pagina  Zoom: apri la pagina in una nuova finestra


Nella mente di un kamikaze

Paradise Now

Uno dei migliori titoli dell'anno


di Francesco Lomuscio


Abu-Assad (nome completo Hany Abu-Assad) è un autore che, fin da bambino, quando assisteva impaurito ai film western e di kung-fu ogni settimana, provava un forte desiderio di diventare regista. Dedicatosi alla produzione televisiva, dopo aver studiato ingegneria aeronautica nei Paesi Bassi, ha cominciato a realizzare diversi shorts, per poi approdare al lungometraggio, nel 1998, con 14th chick, cui hanno fatto seguito Nazareth 2000 (2000), un film sui benzinai di Nazareth, Rana’s wedding (2002), incentrato su una donna palestinese di Gerusalemme Est costretta a sposarsi, e Ford transit (2002), documentario su alcuni palestinesi traghettati da un posto di controllo all’altro sulla Riva Ovest.
Ora Abu-Assad ci propone Paradise now, vincitore del Premio Amnesty International al 55° Film Festival di Berlino e candidato per la Palestina all’Oscar come miglior film straniero, in cui cerca di esplorare la mente dei terroristi, argomento che ormai da decenni affascina gli addetti ai lavori su celluloide.
Ottimamente interpretato dagli esordienti su grande schermo Kais Nashef e Ali Suleiman, provenienti dal circuito teatrale palestinese, Paradise now mette in scena, nell’odierna Nablus, Khaled e Saïd, amici fin da quando avevano otto anni, i quali, ora adulti, sono stati scelti per un attentato kamikaze in Israele. Accanto a loro troviamo Suha, figlia di un eroe della resistenza palestinese della generazione precedente, tornata a Nablus con la ferma convinzione che gli attentati kamikaze non sono la soluzione al problema.

E' lo stesso regista che focalizza la trama: “E’ la storia di due giovani che vanno a fare una missione suicida. Ci sono tre ingredienti necessari per fare un film – storia, tensione e realtà – e questo film li possiede tutti e tre. Ma quando ho iniziato a fare le ricerche, ho scoperto che c’erano molte più cose che lo rendevano incredibile e inquietante”. Ed infatti la pellicola ci coinvolge, attraverso i preparativi, la registrazione della “professione di fede” e l’ultima cena, con un efficace ritmo lento, in un estenuante viaggio alla scoperta del mondo segreto di quegli ignoti individui che ormai da tempo stanno provvedendo a mettere in ginocchio l’umanità.
Neppure un effetto speciale, montaggio tutt’altro che serrato di Sander Vos (Nazareth 2000) e semplicemente l’ abile sfruttamento della fotografia di Antoine Héberlé (Mille mesi) e delle “povere” scenografie di Olivier Meidinger (Silent waters), al fine di raccontare con incredibile realismo la triste vicenda dei due protagonisti, presi a fare i conti con le proprie coscienze e le proprie paure dopo che l’operazione non va’ a buon fine, la quale riesce ad essere ben più spaventosa di qualsiasi, artificioso ed inverosimile horror, ma soprattutto, decisamente più tesa rispetto all’infinità di “esagerati” thriller hollywoodiani che puntualmente balzano sullo schermo, a causa della presenza di quel fastidioso ordigno che Saïd porta addosso, il quale, a nostra insaputa, potrebbe esplodere da un momento all’altro, scatenando l’inferno degli innocenti, in cambio di un improbabile paradiso.
Sicuramente, uno dei migliori titoli dell’anno, il quale, con gran sorpresa, non proviene dalle classiche, ricche cinematografie a cui siamo abituati.


giudizio: * * *



(Domenica 16 Ottobre 2005)


Home Archivio      Stampa questa pagina  Invia questa pagina  Zoom: apri la pagina in una nuova finestra

lato destro