 Personaggi troppo irreali, anche per chi è preparato al fantastico I fantastici 4 L'ennesima trasposizione mal riuscita
di Angelo Armentano 
I fantastici 4 Per contrastare la crisi di soggetti originali che siano anche nuovi e coinvolgenti, già da qualche anno Hollywood ci ha abituati a trasposizioni cinematografiche di fumetti di grande successo: formula che garantisce un minimo di affluenza assicurata (proveniente dallo zoccolo duro degli amanti delle avventure cartacee), ma esiti spesso discutibili. Le ferite lasciate da Daredevil e soprattutto da Electra (vera grande occasione mancata del cinema superoistico) sono ancora troppo fresche per non bruciare.
Questa volta è toccato ai I Fantastici 4 di Stan Lee (deus ex machina della Marvel Comics), fumetto che si è sempre caratterizzato per il grande spessore e per l’acuta introspezione dei personaggi. La vicenda è facilmente intuibile e ricalca un plot visto altre mille volte: un gruppo di americani sani, forti e che più WASP non si può, acquista poteri straordinari (rispettivamente: invisibilità e capacità di generare campi di forza, corpo di roccia e forza straordinaria, capacità di allungare il corpo a piacimento e possibilità di volare e controllare il fuoco) a seguito di un esperimento andato male e deve vedersela con il cattivone di turno, anche lui reso potentissimo nel corso del medesimo incidente. La fine è facilmente immaginabile. A sorprendere in questo film non è solo la banalità della vicenda perché alla fine da un punto di vista narratologico le possibilità di evoluzione della trama sono estremamente limitate, quanto la completa artificiosità e la piattezza della messa in scena. È ovvio che da un film fantastico e di dichiarati intenti di disimpegno ed intrattenimento non è giusto aspettarsi realismo e verosimiglianza, ma è pur vero che è inaccettabile astrarre i personaggi facendoli diventare meri topoi narrativi in funzione di un’azione baracconesca e caciarona.
Se Peter Parker è stato tanto amato dal pubblico (soprattutto di teenagers) è stato anche perché il buon Raimi, da bravo artigiano del cinema (seppur con budget faraonici), ci ha mostrato un essere umano con una psicologia complessa ed interessante; il regista di Evil Dead non si è limitato a mostrarci un ragazzino impegnato a svolazzare tra i grattacieli appeso ad una ragnatela, ma è come se avesse risposto alla domanda: "Come cambierebbe nel suo io un adolescente se acquisisse poteri straordinari?" In Spiderman ci vengono mostrate la sua fisionomia e la sua umanità (con tutti i suoi contrasti ed i suoi dubbi) ed è per questo che risulta simpatico. Perché è una persona normale a cui capita qualcosa di straordinario.
I Fantatici 4 sono già dall’inizio troppo irreali, troppo distanti da qualsiasi punto di riferimento (cosa che nel fumetto non era); in più sono figure sgrossate rozzamente e quel poco che ci viene mostrato risulta anche fastidioso. Reed Richards (Ioan Gruffudd) è uno scienziato che non sbaglia un colpo quasi fosse depositario dell’onniscienza (e notoriamente chi è troppo perfetto è sempre antipatico), salvo poi essere una frana nelle relazioni amorose come da contratto. Sue Storm è una ricercatrice bellissima ed intelligente ancora innamorata della sua vecchia fiamma (il cervellone di cui sopra). Stephen Storm (Chris Evans) rappresenta l’archetipo dell’americano secondo gli americani, il modello a cui ogni giovane dovrebbe ispirarsi: bello, pieno di donne e spericolato. Poco importa che sia anche un completo deficiente pieno di sé: le caratteristiche appena elencate, nella logica del film, sono i requisiti necessari per diventare esperti piloti e per avere successo. L’unico personaggio appena salvabile è Ben Grimm, interpretato da Michael Chiklis, che a causa della sua trasformazione in uomo – roccia lascia emergere una interessante conflittualità che purtroppo rimane appena accennata, come se gli sceneggiatori volessero tacere che c’è un prezzo da pagare per ciò che si ha. Ad essi (e al regista Tim Story) inoltre va anche la colpa di aver brutalizzato uno dei malvagi più affascinanti ed ambigui dell’universo Marvel: non contenti di aver stravolto completamente la genesi del Dottor Doom (interpretato da Julian Mcmahon), lo privano di tutto il suo fascino sinistro e di tutta la ambigua complessità, lasciandoci solo un banalissimo tizio che spara fulmini dalle mani. La regia, il montaggio e la recitazione degli attori (che in altre sedi hanno dimostrato di avere un certo valore) sono professionali e di mestiere come ci si aspetta dal film americano medio, ma nulla di più e non avrebbe potuto essere diversamente tenendo conto della vicenda che deve comprimere fin troppi stimoli e spunti e che, dunque, non può lasciare spazio a introspezioni psicologiche o a vezzi autoriali.
In altre parole ci si trova davanti al classico prodotto costruito intorno agli effetti speciali (che in realtà non sono poi granché), un fumettone che può piacere ai bambini… a patto che non siano troppo esigenti.
(Lunedì 19 Settembre 2005)
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