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 Il viaggio di Sonos' e Memoria Passaggi di tempo Un documentario sui suoni e le tradizioni popolari sarde
di Fabio Ciminiera 
Sonos 'e memoria group (foto Paolo Soriani) Passaggi di Tempo Il viaggio di Sonos 'e Memoria
Riflessione, recupero, filologia e ricostruzione, suoni, memoria, tradizione, vividità della tradizione.
Passaggi di Tempo si costruisce sulla realizzazione del documentario, Sonos 'e memoria, sulla composizione delle musiche che lo hanno accompagnato dal vivo, sulle riflessioni che hanno diretto i musicisti e il regista nel lavoro, sulla crescita, sulle esibizioni, sulla storia che ha vissuto lo spettacolo di suoni e immagini nel corso degli ultimi dieci anni. Un continuo riandare alle ragioni e alle fondamenta delle immagini tratte dall'archivio dell'Istituto Luce, alle motivazioni che hanno legato la musica alle immagini, alla base del bisogno espressivo di ognuno dei musicisti nel proprio campo, alla base del rapporto tra l'essere sardi e la propria espressione artistica, con l'intento di tramandare elementi che permettano la costruzione di un futuro che tenga conto delle tracce di un passato, che, dopo tutto, non è nemmeno così lontano, e di vivificare i volti e le espressioni di quelli che potrebbero essere i nonni di ciascuno dei protagonisti presenti.
Il documentario rispecchia a pieno le intenzioni del titolo. Passaggi di tempo rappresentati attraverso la distanza con la Sardegna dei filmati dell'Istituto Luce, attraverso il confronto tra le maniere antiche e moderne di compiere le stesse azioni, attraverso la visione dei balli e delle tradizioni popolari e delle vesti tipiche che riaffiorano nella vita odierna nei momenti delle feste, attraverso lo scorrere del tempo relativo al progetto di Sonos 'e memoria, ripercorso dalle parole dei protagonisti e dalle immagini carpite prima dei concerti, durante gli incontri, nel corso dei viaggi.
Le parole di Paolo Fresu sulla composizione delle musiche e le richieste di Giancarlo Cabiddu, lo sguardo di Antonello Salis puntato sullo schermo dietro i musicisti nell'eseguire e nel rivivere le immagini, i ricordi durante l'esecuzione, le immagini della Sardegna, della natura incontaminata e delle città moderne.
Sonos 'e Memoria è il racconto di tante contraddizioni, di tante contrapposizioni che si affiancano in modo stridente e inevitabile. La Sardegna come isola e come nave nel Mediterraneo pronta ad incontrare persone e mondi diversi. Musicisti che si allontanano dalla tradizione per suonare una musica "straniera", ma che manifestano con orgoglio, in modo forte, la radice che li lega alle proprie origini. Il passato che scompare e le tradizioni che si svuotano di passione in un mondo che, a sua volta, si è svuotato dei legami e dei significati che davano vita a un mondo che è appena dietro l'angolo. Le parole dimenticate, poco usate, nel sacchetto del padre di Paolo Fresu, la ferma disposizione a costruire strumenti musicali artigianali, come le launeddas e la mandola. C'è qualcosa di più della musica, delle immagini, del rapporto e del reciproco sostegno tra l'elemento visivo e quello sonoro: c'è, nel lavoro decennale di Cabiddu, l'idea di dare una continuità allo scorrere del tempo, la forte volontà di non permettere che le pulsioni della vita moderna possano farci dimenticare cosa abbiano significato determinate conquiste, cosa abbiano patito le generazioni che ci hanno preceduto, cosa faceva scaturire un determinato tipo di socialità.
Questo, sia chiaro, non è certo il pianto e la nostalgia di edenici tempi andati, non è sicuramente la mia idea, nè, come si percepisce in modo chiaro nelle parole di Cabiddu che chiudono il lavoro, quella del regista. Sappiamo benissimo quanto abbiano sofferto i minatori, cosa fosse la vita nei campi, senza le attrezzature moderne, i rischi, le malattie, la fatica, spesso infinita. L'idea è quella di tornare a dare le coordinate della nostra storia, delle nostre origini, di mettere le nostre vite odierne in relazione ai sacrifici e ai percorsi che le hanno create. Le tradizioni, che noi oggi viviamo in termini canonici e folcloristici, avevano un retroterra di motivazioni che affondavano nella buona riuscita di stagioni di lavoro, nel rafforzare una comunità e via discorrendo; punti di riferimento che spesso non si riescono a cogliere nella vita di oggi.

Gianfranco Cabiddu (foto Nina Contini Melis) La musica dello spettacolo segue un percorso del tutto analogo. Le voci e le armonie tipiche della tradizione sarda vengono ampliate dalla scrittura di un musicista capace di esprimere quei sentimenti, perchè vissuti in prima persona, capace di estendere nella composizione le motivazioni e la linfa del vocabolario della tradizione popolare, di rivestire di suoni e memoria lo sviluppo che il corso del montaggio, il flusso delle emozioni che provengono dallo schermo e la partecipazione che i musicisti stessi infondono alla materia che si va narrando. L'interpretazione e l'atteggiamento narrativo dei musicisti, in un transfert di ricordi e racconti sentiti mille volte, vissuti nelle parole dei padri, crea un'area di pura descrizione nella quale si sommano le esperienze personali e musicali, le immagini del palco e del passato, i ricordi, i racconti e i gesti, le vesti tradizionali e i riti sacri. É quasi impossibile dire se è la musica a legare il racconto, se sono le immagini a scaturire i suoni, se sono i suoni ad evocare i ricordi, tale è la fusione degli elementi. E questo rende ulteriormente ragione del progetto generale dell'opera.
Riportare alla luce, dare una veste viva - non tanto moderna, quanto viva, appunto - sistemare nelle memorie, nei nostri pensieri, la coscienza dello svolgersi di una storia collettiva, quello di una regione, attraverso la composizione di una musica multilaterale - che unisce, cioè, passato e presente, tradizione e innesti diversi, musicisti che altrimenti non si sarebbero mai incontrati su un palco.
Il suono del flicorno e della tromba che si alterna con il quartetto vocale, la voce di Elena Ledda, accompagnata dalla mandola e dalla fisarmonica di Antonello Salis, spunti di jazz e atmosfere languide. La tradizione sarda media le atmosfere tipiche del Mediterraneo con l'isolamento geografico e per questo ritroviamo danze e canti che ricordano le musiche della Spagna e dell'Italia meridionale ed espressioni assolutamente uniche. Il lavoro di Paolo Fresu è stato caratterizzato proprio dal conferire naturalezza ai vari passaggi di genere, alle suggestioni diverse portate nel progetto dai vari musicisti, senza creare contrasti, senza stridere. La guida delle immagini, il rispetto e la scansione dei tempi delle emozioni visive, con le quali la musica si fonde in un unico corpo espressivo, rende il lavoro su Sonos 'e memoria, e il conseguente Passaggi di Tempo, un'operazione di recupero e creazione, un lavoro capace di creare emozioni nuove e vive sui ricordi, sul passato, sulle tradizioni. E la musica scritta da Paolo Fresu moltiplica e accresce il bisogno di ricordare e mettere su carta le esperienze vissute, con un'attitudine descrittiva e con la voglia di partecipare le emozioni, con l'intenzione precisa di dare continuità al corso del tempo, al susseguirsi delle generazioni.

Passaggi di tempo 5 (foto Diego Aresu)
(Giovedì 14 Luglio 2005)
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