 Un capolavoro di Griffith nel 1919 Giglio infranto In visione ne le "Giornate del cinema muto" edizione 2005
di Piero Nussio Un missionario buddista, che vuol portare la luce dell’Illuminato nelle fosche e nebbiose strade dell’Inghilterra. Ma che si perde per strada, apre un negozio di droghiere e si dà all’oppio. Un “uomo giallo”, come dice una delle due versioni del titolo originale: Fiori infranti ovvero L’uomo giallo e la ragazza. Un pugile professionista, anzi un ex pugile che perfino il suo manager critica perchè pensa solo ad ubriacarsi e a far baldoria, che vive da disperato in una baracca nel quartiere più sordido di una buia città. Una ragazza, il Giglio infranto del titolo italiano, figlia e serva del rottame umano, che si serve di lei per sfogarsi di come il mondo e l’alcol lo trattano. Ama –riamata- il saggio e cortese cinese della drogheria, non può sposarlo, non vuole prostituirsi, vorrebbe sfuggire al tugurio ed alle privazioni. Perfetta nel dramma senza via di uscita, con le sembianze della grande attrice Lilian Gish, feticcio di Griffith in tutti i suoi film maggiori e beniamina del pubblico di allora. Questi sono gli ingredienti del melodramma. Ma aggiungiamone qualcun’altro, esterno alla trama raccontata.David W. Griffith. Griffith è, con Cecil B. DeMille, il maggiore regista USA dell’epoca. Era stato molto criticato perchè in Nascita di una nazione aveva dato un ruolo positivo ai razzisti del Klu Klux Klan e quindi nei film successsivi (Intolerance, Giglio infranto) si rivolge ad una storia addirittura inter-razziale. Inter-razziale per modo di dire, perchè sia l’uomo giallo che la ragazza si limitano ad un rapporto puramente platonico, guardandosi negli occhi e sospirando mestamente. Perchè, nel dubbio, la storia è ambientata a Londra: quasi a casa, ma molto lontano dagli USA. E poi perchè, comunque, ad interpretare l’uomo giallo c’è in realtà un uomo bianco, tanto nel “bianco e nero” il giallo non si vede...

Lillian Gish e Richard Barthelmess in "Giglio infranto" Il cinema degli anni venti, quello prima del codice Hayes, è spesso molto interessante per le spericolate soluzioni tematiche. Poi, ovviamente, molti spunti rimangono non sviluppati, come quello di un’unione interrazziale nel 1919. Che probabilmente era pure reato, e che comunque l’opinione pubblica del tempo non avrebbe accettato. O come l’idea di una predicazione buddista. Vaglielo a dire, ai nostri nonni, che nel cinema ci sarebbe poi stato Richard Gere, buddista convinto e non certo dedito all’oppio...
Qualcuno ha visto in questo film una delle prime opere femministe. Il critico cinematografico Roger Ebert ha avvicinato questo film a La strada di Fellini, ed ha fatto un parallelo fra il Matto e Gelsomina con l’Uomo giallo e la Ragazza. Oltrechè fra Zampanò ed il vecchio pugile rintronato. Io casomai vedo dei riscontri fra la drogheria dell’Uomo giallo e quella di Monsieur Ibrahim e i fiori del Corano. Ma, probabilmente, entrambi i paralleli sono forzati, e Giglio infranto deve restare fra i film muti, e nell’epoca cui appartiene. Rimane una storia comunque ben raccontata, piena di sentimenti e di azione, ben recitata. Anche se il velo del tempo l’ha fatta invecchiare forse più di altre storie e la poetica avventura sa un po’ di stantio. E vanno ringraziate Le giornate del cinema muto di Pordenone, che ad ottobre ci consentiranno di vederlo, nell’ambito del Progetto Griffith.
Giglio infranto (Broken Blossoms or The Yellow Man and the Girl, 1919) Regia, produzione e sceneggiatura di D.W. Griffith Soggetto di Thomas Burke Con: Lillian Gish, Richard Barthelmess, Donald Crisp, Arthur Howard 90 min
(Mercoledì 15 Giugno 2005)
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