 Fra fantascienza e thriller Final cut Un film "orwelliano" sulla memoria visiva
di Oriana Maerini  Vi piacerebbe che qualcuno ricostruisse la vostra vita in un film da lasciare ai posteri? E’ quello che fa Alan Hackman, (Robin Williams) un montatore di vite umane che lavora per una strana multinazionale. Questa ha inventato il progetto Zoe, una "pulce" che s'impianta direttamente nel cervello e che registra come una cinepresa ogni momento della vita del cliente. Dopo il trapasso il bravo montatore lascia ai posteri un breve film-omaggio dal quale ha eliminato tutto il male lasciando solo le parti edificanti per la memoria del defunto. Film in bilico fra fantascienza orwelliana e thriller “Final cut” attrae sia per il tema originale sia per il profilo narrativo. Sullo sfondo della trama noir si innesta, infatti, anche una sottotrama psicologica quando il montatore sempre ligio al dovere e stimato entra in crisi e smarrisce la sua sicurezza. E’ una pellicola che lancia molti interrogativi sullo strapotere della tecnologia e sulla natura malsana dell’umanità disposta a tutto pur di coprire le menzogne. Il film piace anche perché affronta un tema affascinante come quello della memorie visiva e della capacità di cambiare i ricordi che il cinema, da Strange Days a Se mi lasci ti cancello, ha sempre sfruttato. Final cut è un’ottima prova se si pensa che è l’opera prima di un debuttante (Omar Naim) di soli 26 anni. Imperdibile, poi, l’interpretazione di Robin Williams che continua a cimentarsi nel genere noir dopo Insomia e One Hour Photo.
Giudizio: * * *
(Sabato 14 Maggio 2005)
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