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Ottocento inglese in salsa Bollywood

La fiera della vanità

Deludente Mira Nair


di Oriana Maerini


Dopo tanti ottimi film la bravissima regista indiana Mira Nair (Leone d’Oro al Festival di Venezia del 2001 con Monsoon Wedding) scivola sulla buccia di banana della soap opera con il film La fiera della Vanità. Perché lo ha fatto? Lei stessa spiega che ha voluto girare "Vanity Fair" perchè attratta dalle domande fondamentali e, a suo avviso, spirituali che si pone Thackeray, l’autore del romanzo: chi di noi, avendo realizzato i propri sogni, è veramente felice? Cos’è l’appagamento? Cos’è l’aspirazione? Cos’è la vanità della vita? La Nair è convinta che “Becky sia il più grande personaggio femminile mai descritto in letteratura”. La regista ha tentato, quindi, la sua personale interpretazione di questo classico della letteratura inglese. Aiutata, forse dalla sua origine indiana che riflette l’esperienza stessa di Thackeray, nato e vissuto nei primi anni di vita, a Calcutta.
Ma se l’intento è pregevole (ridurre a copione un libro di ben 900 pagine è un’impresa molto ardua) il risultato è insopportabile. La satira acida della società inglese rivisitata in salsa bollywood amplifica l’effetto melassa anche se aggiunge colore e gusto esotico. Ecco la l’arcinota trama di questa ennesima trasposizione cinematografica:
Becky, la figlia di uno squattrinato artista inglese e di una ballerina francese, resta orfana in tenera età. Fin da bambina è sensibile al fascino di una vita più agiata e ripudia il suo ambiente di origine. Per scalare le vette sociali ricorrerà a tutta la sua intelligenza, astuzia e sensualità.

Inizia la sua ascesa alla vita sociale inglese della prima parte del 19° secolo, con un lavoro come governante presso l’eccentrico Sir Pitt Crawley (Bob Hoskins), nella campagna dell’Hampshire. Becky conquista le figlie di Crawley e persino la ricca zia zitella, Matilda (Eileen Atkins). L’intera famiglia si affeziona moltissimo alla giovane Becky, confida in lei, e la considera ormai indispensabile. Tuttavia, Becky sa che non riuscirà mai a far veramente parte della società inglese fin quando non si trasferirà a Londra. Lì Becky rincontra la sua migliore amica Amelia Sedley (Romola Garai), che non condivide le sue ambizioni più sfrenate. Insinuandosi nella famiglia che conosce così bene, Becky ne sposa segretamente il focoso erede Rawdon Crawley (James Purefoy) – ma quando Matilda scopre la loro unione, impone ai due sposi di lasciare la casa.
Nel frattempo Napoleone invade l’Europa e Rawdon coraggiosamente parte per difendere il proprio paese. Becky, incinta, resta vicina ad Amelia, la quale è sconvolta dal fatto che l’adorato marito George Osborne (Jonathan Rhys Meyers) sia partito in guerra. La morte di George nella famosa Battaglia di Waterloo incrinerà per sempre il rapporto fra le due donne. Becky ritrova il suo Rawdon e dà alla luce un maschietto, ma il dopoguerra ha in serbo un periodo piuttosto duro per la famigliola. Più determinata che mai a trovare il suo posto nell’alta società londinese e ad assaporare il benessere, Becky trova un protettore nel potente Marquese di Steyne (Gabriel Byrne), che può consentirle di realizzare i suoi sogni, ad un prezzo, però, forse troppo alto.

Grande budget, cast d'eccezione (fra cui un cammeo di Gabriel Byrne, davvero cinico nel ruolo dell’uomo di punta della ricca società inglese) per 137 minuti di drammone condito in salsa indiana. Ne valeva la pena? Forse un suo pubblico questo film ce l’ha: sono le signore che amano seguire le saghe amorose che ci propone ogni giorno la tv.

Giudizio: * *


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(Venerdì 11 Marzo 2005)


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