 Incontro con Scorsese e Di Caprio Bigger than life Regista e attore raccontano "The aviator"
di Roberto Leggio  “I’m on my way, I’m making it big time… big life”. Chissà se Peter Gabriel quando scrisse queste parole pensava ad un personaggio come Howard Hughes. Però, per ironia della sorte, il ritornello si sposa benissimo con l’essenza di The Aviator, il nuovo film di Martin Scorsese sulla vita estrema, folle, geniale e colossale dell’eccentrico miliardario americano che cambiò faccia alla Hollywood degli anni quaranta e che progettò e realizzò l’aereo più grande del mondo. Una biografia espressamente voluta da Leonardo Di Caprio (qui in veste di attore principale e produttore esecutivo) che si concentra però unicamente sui vent’anni più ruggenti di questo uomo che è riuscito ad intrecciare inesorabilmente la sua vita di aviatore con i fasti della Hollywood più classica. Dal 1927 al 1947, Howard Hughes divenne una figura mitica nell’immaginario collettivo americano, realizzando opere immortali come Scarface, Il Mio Corpo ti Scalderà e Angeli dell’Inferno, considerato per l’epoca il film più costoso della storia; e la sua passione per l’aviazione che culminò con l’inaugurazione del primo Hercules. Nel mezzo le burrascose relazioni sentimentali con le più grandi star dell’epoca: Katherine Hepburn (interpretata magistralmente da Cate Blanchett), Ava Gardner (Kate Beckinsale) e Jean Harlow (la cantante dei No Dubt Gwen Stefani); la durissima lotta senza quartiere che la sua compagnia TWA dovette sostenere contro la PanAm per assicurarsi la spartizione delle rotte commerciali; e i primi segni della malattia che lo portarono all’isolamento in una stanza d’albergo e quindi alla morte. “Abbiamo portato sullo schermo un uomo dominato da tre ossessioni: gli aerei, il cinema e le donne. Magari non necessariamente in quest’ordine”. Ha dichiarato Martin Scorsese difendendo il suo film che si può leggere anche come una metafora universale sull’incarnazione dell’uomo prometeico che sfida la vita e la morte. E sotto quest’ottica The Aviator diventa la nevrotica biografia di un sognatore che si trasforma in una avventura spettacolare destinata a diventare ben presto un capolavoro del cinema.
Cosa vi ha affascinato di più di Howard Hughes?
Martin Scorsese: Di lui conoscevo soprattutto la sua eccentrica vecchiaia, recluso nella suite di un lussuoso hotel di Las Vegas. Naturalmente sapevo anche della sua passione per il cinema e dei film che aveva diretto e prodotto. Ma facendo delle ricerche su di lui e leggendo la sceneggiatura che ho scoperto il contributo che ha dato all’aviazione. Mi anche colpito il modo straordinario in cui vedeva le cose, come riusciva a concepirle e portarle a termine. Ha vinto praticamente ogni battaglia che ha portato avanti. Solo i germi della sua malattia l’hanno costretto a perdere la battaglia contro se stesso. Leonardo Di Caprio: Da tempo rincorrevo la possibilità di confrontarmi con personaggio complesso, ricco di sfaccettature e mi sono imbattuto in questo uomo da tragedia greca. Poteva avere il mondo ai suoi piedi, ed invece era afflitto da una patologia che lo ossessionava dall’infanzia. Un uomo con un anima speculare che ha sempre vissuto con l’incubo del rapporto soffocante della madre, morta quando lui era ancora piccolo. Per questo nel resto della sua esistenza ha sempre cercato figure femminili dominanti. Per lui le donne erano come gli aerei che progettava: voleva l’ultimo modello, il più bello, il più elegante…
In pratica come lo si può definire: un geniale folle od un folle geniale?
Martin Scorsese: Geniale e folle contemporaneamente. Ha diretto il film più costoso dell’epoca, costruì l’aereo più grande ed ebbe le donne più belle di Hollywood. Ebbe il potere assoluto su tutto e tutti ma proprio questo potere l’ho portò all’autodistruzione. Lo potremmo definire un colosso dai piedi d’argilla… Leonardo Di Caprio: Lo definirei un matto affascinate. Era un vero tycoon americano, un visionario pioniere dell’aviazione e del cinema. Costruì l’Hercules, l’aereo più grande, batté la velocità aerea e con la TWA inventò l’aviazione commerciale. Con Angeli dell’Inferno inventò il kolossal, con Scarface mostrò la violenza al cinema e con Il mio corpo ti scalderà vinse la censura contro per l’alto contenuto erotico di quel film. Era praticamente inesorabile. Niente e nessuno poteva ostacolare i suoi obiettivi.
Come ci si prepara a dirigere/interpretare un film su un personaggio del genere?
Martin Scorsese: Non mi capita spesso di pensare e realizzare un film biografico, però quando Leonardo me l’ha proposto ho sentito che dovevo farmi un’idea ben chiara sulla vita e sulla sua lucida follia. Era importante capire l’Hughes nel quotidiano, vederlo respirare, ideare, sentirlo soffrire. Anche comprenderne i suoi limiti, sempre che ce ne fossero. In questo senso ho fatto delle ricerche accurate e solo quando ho capito di aver ripercorso tutta la sua vita nei minimi dettagli ho capito il metodo che avrebbe dovuto utilizzare Leonardo per farlo rivivere sullo schermo. Leonardo Di Caprio: Ho cercato di evidenziare le sue ossessioni: soprattutto quella del volo e quella del cinema. Per quanto riguarda la sua patologia, ho studiato la germofobia assieme ad un docente universitario esperto in materia. Ma per capire i veri meccanismi della malattia ho trascorso quattro giorni con una persona affetta da questo terribile disturbo.
Quali sono state le riprese più difficili?
Martin Scorsese: Senza dubbio quelle aeree, soprattutto le scene sul set di Angeli dell’Inferno, anche se quelle originali restano insuperabili. Abbiamo adoperato ogni tipo di effetto speciale conosciuto, dai modellini al “green screen” all’uso della computer graphic, per un totale di circa 240 inquadrature. Leonardo Di Caprio: Non ci sono state delle scene più facili o più difficili. Entrare nella pelle di Hughes era di per sé una sfida. Ripensandoci adesso, forse quelle dei bagni, dove la sua follia si sovrappone alla sua genialità e quelle quando vediamo Hughes isolato dal mondo.
Pensate che The Aviator sarebbe piaciuto ad Howard Hughes?
Martin Scorsese: Di sicuro ci avrebbe rimesso le mani. Mi avrebbe imposto di girare una scena a modo suo, come probabilmente avrebbe rimontato il materiale facendolo diventare il suo film. Non credo che sarebbe stato facile stare sul set con lui…
Leonardo Di Caprio: Essendo un egocentrico probabilmente si, anche se avrebbe avuto da ridire su tutto.
Raccontare Hughes è anche raccontare la Hollywood di quei tempi…
Martin Scorsese: Quelli erano gli anni d’oro di Hollywood. Il periodo dove il cinema si lanciava in sperimentazioni, dove vennero alla luce i film più famosi della storia. Mettiamoci anche il fatto che la maggior parte dei registi, tra cui Hughes, affrontavano la materia in modo pionieristico. Era quindi necessario ricreare quel mondo. In questo caso però ho preferito raccontare quell’atmosfera attraverso la vita di Hughes. La Hollywood di quegli anni è una storia a sé, complessa che non basterebbe un film. Leonardo Di Caprio: Ha ragione Martin quando dice che non basterebbe un film per raccontare la storia di Hollywood negli anni ’40. Probabilmente era l’ingenuità ha muovere le cose. Però era anche il tempo di veri pionieri come Edward H. Griffith o Fritz Lang che cercavano di sperimentare cose sempre nuove.
Oltre la storia, la vicenda di Hughes si può interpretare come una metafora del sogno americano?
Martin Scorsese: Credo che nel bene o nel male egli abbia rappresentato il sogno americano come un’arma a doppio taglio. Come abbiamo visto era una specie di sovrano assoluto che poi cede all’autodistruzione. L’ho sempre immaginato come Icaro che una volta arrivato troppo vicino al sole si brucia le ali. Leonardo Di Caprio: Il sogno ma anche l’incubo americano. Forse la metafora è proprio in questa dicotomia.
Dopo un film del genere, come è cambiata la vostro rapporto con gli aerei? Lei Scorsese ha vinto la sua paura di volare? Mentre Di Caprio ha imparato a pilotare?
Martin Scorsese: Non ho vinto nessuna paura… anche perché non viaggio tanto. Ad esempio sono circa quindici anni che non torno in Sicilia… Leonardo Di Caprio: Durante le riprese morivo dalla voglia di salire su quei meravigliosi apparecchi d’epoca per fare un giro. Così tanto per provare l’emozione di stare ai comandi di un aereo ma la mia assicurazione me lo ha impedito categoricamente….
Dopo due film, lavorerete ancora assieme?
Martin Scorsese: Ho scritturato Leonardo per il mio prossimo film: The Departed. Si tratta del remake di un film cinese che in originale si chiamava Infernal Affairs… Leonardo Di Caprio: E’ un film che reciterò assieme a Matt Damon ed è la storia di un poliziotto e di un criminale entrambi infiltrati nelle parti avverse. Ma quando le loro strada si incrociano… naturalmente non posso dire altro.

(Domenica 30 Gennaio 2005)
Home Archivio  |