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Nel film Alexander, di Oliver Stone

Colin Farrell

Incontro con l'attore che interpreta il mitico Alessandro Magno


di Oriana Maerini


Roma - Colin Farrell in versione ossigenata è uno splendido Alessandro Magno, il primo globalizzatore della storia. L’ attore irlandese ventottenne dopo pellicole fantascientifiche come "Minority Report", drammatiche come "Sotto corte marziale" e thriller come "La regola del sospetto" e "In linea con l’assassino" si cimenta ora in un’epopea storica nei panni di uno dei più grandi condottieri mai esistiti.
Oliver Stone ha voluto proprio lui perché dice: "come Alessandro ha lo spirito ribelle e la fiducia in sé di un guerriero e di un leader". In effetti ci sono molti similitudini se pensiamo che la carriera di quest’attore è stata fulminante quasi come le conquiste di Alessandro. A soli 28 anni è diventato ormai uno degli attori più richiesti ad Hollywood. Ha studiato recitazione alla Gaiety School of Drama di Dublino ed ha debuttato dietro la macchina da presa nel 1999 con il film in "Zona di guerra" di Tim Roth. Ma si è fatto notare grazie a Tigerland di Joel Schumacher, che narra la vicenda di un gruppo di soldati americani preparati per la loro prima spedizione nel Vietnam. Poi ha guadagnato un premio miglior attore per la sua rappresentazione di “Bozz", una recluta che aiuta i suoi compagni a evitare il combattimento. E aveva solo 25 anni quando un regista leggendario come Stephen Spielberg l’ha voluto accanto a Tom Cruise in Minority Report. Insomma come Alessandro Magno anche Farrell sembra aver bruciato tutte le tappe dimostrando grande talento e voglia di superare le sfide professionali. Ora, dopo il personaggio del condottiero più famoso della storia, lo attende un altro un altro ruolo impegnativo: quello del capitano John Smith nel nuovo film di Terence Malick "The New World".

Cosa ha provato ad indossare i sandali e la spada di Alessandro Magno?
All’inizio ero un po’ spaventato. Non sapevo quasi nulla su questo grande personaggio e sulla storia di quell’epoca. Ho letto il copione e ho capito che dovevo darci dentro con gli studi così quando. Ora che ho finito mi sarà difficile dimenticare la vita di questo giovane prodigioso. Oltre alla prestanza fisica ho dovuto,quindi, affrontare anche una preparazione culturale per capire le sue imprese. E’ stata una faticaccia ma credi di aver vinto la sfida con me stesso per rendere Alessandro il più credibile possibile.

Cosa le piace di più di questo personaggio?
Ammiro la passione con la quale ha gestito la sua vita e lo considero un esempio per i giovani. Ammiro la sua grande umanità, il suo sogno di abolire i confini ed unire tutti i popoli. Lui non è stato schiavo del potere, era solo il suo biglietto per conquistare la libertà. Ha sempre accettato ed inglobato nei suoi eserciti le popolazioni che conquistava. Se mai Alessandro era schiavo, come cerca di mostrare il film, delle aspettative di sua madre e, soprattutto, dell’ombra di suo padre Filippo che lo perseguitava ovunque.

Lei che genere di padre è?
Non sono come il mio che era convinto di sapere tutto e poi non si è rivelato un padre eccezionale. A mio figlio voglio dare tanto amore, comprensione e cercherò di essere sempre presente. Soprattutto imparerò a perdonare e, al contrario di me, avrà la possibilità di poter decidere del suo futuro senza imposizioni. Quando gli dissi che volevo fare l’attore si fece una gran risata. Poi però, quando arrivò il primo assegno per il mio lavoro mi diede una pacca sulla spalla e mi disse che in fondo era stata una buona idea.


Come si è preparato per interpretare le scene di battaglia?
Sono state scene molto difficili e faticose. Ho cercato di evitare quasi sempre lo stunt e mi sono dovuto allenare molto. Ho dovuto imparare a cavalcare, usare la spada e combattere come un leone. Ma, una volta tolta l’armatura era tutto finito. Più stressanti sono state per me le scene della sua vita privata che erano molto emozionanti. E poi il set è stato incredibile: per quattro settimane 1500 comparse nel deserto che ogni giorno ricreavano la vita dell’epoca di Alessandro.

Alessandro era un sognatore, lo è anche lei?
Si, amo molto sognare perché apre la mente. Fin da piccolo guardavo fuori dalla finestra e sognavo di essere altrove, viaggiavo con la fantasia. Amo quello che i greci chiamavano pathos. Mi piace sognare, non quando dormo, ma ad occhi aperti perché posso scegliere i miei desideri impossibili. Alessandro era un uomo che non si sarebbe mai fermato davanti a niente per realizzare il suo sogno, spero di essere come lui.

Da cosa ha tratto ispirazione per interpretare questo guerriero?
Non è stata solo la figura di Alessandro ad ispirarmi, ma anche Oliver. Lui si avvicina più di me al personaggio. E’ un uomo che vuole eccellere a tutti i costi, è un regista straordinario ed un grande leader. Ha scritto una sceneggiatura straordinaria, forse la migliore che abbia mai letto.. Era una storia con mille luci e mille ombre ed un potenziale filmico enorme.

Da europeo, come giudica Hollywood?
Niente è come sembra. Nel senso che sotto la patina di luci e paillettes non c’è assolutamente niente. Bisognerebbe essere proprio degli ingenui per non capirlo. Però non sono tutti ipocriti: ci sono anche delle persone per bene che non ti colpirebbero mai alle spalle. Sono difficili da trovare ma se ti riesci a capire che ti puoi fidare tutto fila liscio come l’olio. In questo senso ho conosciuto molta gente simpatica, da frequentare. L’importante che va presa per quello che è.

Ha intenzione di lasciare Hollywood?
Lavorare a Hollywood non significa viverci. Per adesso mi piace fare la spola tra Los Angeles e Dublino. E poi ho sempre pensato che il vivere a “casa” sia più uno status mentale che una permanenza fisica. Normalmente occupo stanze d’albergo ma quando non lavoro preferisco tornare dalla mia famiglia in Irlanda e andare al pub con gli amici a parlare di calcio e bere qualche pinta di Guiness.

Ma oltre queste debolezze, come passa il tempo libero?
Non ho mai pensato che bere birra sia una debolezza. Una debolezza è non giocare a calcio: da due anni non do un calcio ad un pallone. Questo un po’ mi deprime ma il mio lavoro di attore è diventato il mio hobby preferito. E se penso che mi pagano pure bene allora provo un gran piacere. E quando non lavoro e sono a casa leggo molto, vado al cinema, a cena fuori e mi piace moltissimo pensare all’amore. Un esercizio che non fa mai male…

Com’è per lei innamorarsi?
Un vero guaio. Anche dolore e confusione. Innamorarsi è comunque una cosa bellissima. Fin ora mi è capitato solo un paio di volte e mi reputo molto fortunato. Non faccio mistero che mi piacciono molto le donne e non trovo criminale passarci solo una notte facendo l’amore. Ma tra una scopata e un vero amore ne passa di acqua sotto i ponti…

Quanto aiuta la fama con le donne?
La popolarità certamente aiuta: vai alle prime, sei sullo schermo, chi dice che non è vero è un bastardo bugiardo.

La reputazione da cattivo ragazzo ha influenzato la sua carriera?
E perché dovrebbe? Sarebbe peggio se facessi film che non incassano. E’ questo che più interessa ai produttori di Hollywood. In questi ultimi quattro anni mi sono divertito e se in futuro tutto dovesse crollare credo che me ne tornerò a recitare in teatro a Dublino.

Colin Farrell con il regista Oliver Stone




Le buone intenzioni di Oliver Stone
Alexander
Un kolossal che si attiene alla verità storica?
Se ci fosse giunta la biografia scritta da Tolomeo (bruciata invece nell’incendio della Biblioteca) avremmo saputo se era verità quello che abbiamo visto nel film.

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(Martedì 11 Gennaio 2005)


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