 Non chiamatemi Indiana Jones Nicolas Cage All'uscita del film "Il Mistero dei Templari"
di Roberto Leggio  Ben Gates non ha il cappellaccio di pelle né la frusta. Ben Gates non è un archeologo e non è nemmeno armato di una vecchia colt. Ha nemici, ma non sono macchiettistici nazisti alla ricerca di arche perdute. Sono piuttosto criminali ultratecnologici alla ricerca di un tesoro favoloso. Si, perché Ben Gates è un cacciatore di tesori ed il suo sogno è di trovare quello dei Templari. Un eldorado che, per chi crede, esiste veramente. Sebbene tagliato per l’avventura, Ben Gates, non ha il carisma di Indiana Jones e di Harrison Ford; ha però la prestanza un po’ acciaccata e la faccia di Nicolas Cage. Un’interpretazione inedita per questo attore quarantenne che nel suo curriculum ha annoverato tanti ruoli d’azione (Face/off, The Rock, Con Air, Wndtalkers) ma mai un ruolo così spiccatamente d’avventura indirizzato ad un pubblico giovane e disimpegnato. Il Mistero dei Templari (National Treasure) diretto da Jon Turteltaub e prodotto dal “fracassone” (ma geniale) Jerry Brukheimer, è una mega caccia al tesoro divertente, ironica e romantica, che mescola sapientemente tutte le suggestioni e gli eventi storici della mitologia (antico Egitto, cavalieri Templari, la massoneria) e un mistero custodito tra le pieghe della Dichiarazione d’Indipendenza.

Una prova come sempre azzardata ma felice per questo attore molto versatile, noto per le sue interpretazioni spesso drammatiche e brillanti. Per molti Nicolas Cage è lo sceneggiatore autodistruttivo di Via da Las Vegas di Mike Figgis (per il quale ha vinto il suo unico premio oscar nel 1995) oppure il ribelle innamorato di Cuore Selvaggio di David Lynch. Due ruoli cardine che l’hanno imposto come uno dei migliori attori della sua generazione. Certamente nel suoi cromosomi il cinema è parte fondamentale, essendo nipote del talentuoso Francis Ford Coppola e cugino di Sofia, l’intuitiva regista di Lost in Traslation. Cage (che di nome fa Nicola) non è però un raccomandato. Figlio di un professore di letteratura italo-americano e di una coreografa di origini tedesche, ha cominciato a recitare a quindici anni senza sapere bene dove sarebbe arrivato. Infatti, nonostante il cognome importante, la sua carriera artistica non è stata assolutamente semplice. “Ero molto giovane e non riuscivo a trovare ingaggi da nessuna parte. Per mantenermi ho lavorato come venditore di pop corn al Fairfax Theater di Los Angeles. Speravo che prima o poi qualche produttore si accorgesse di me”. Ricorda Nicolas con una certa malinconia. “E’ stato allora che ho deciso di cambiare il mio cognome (Coppola) in Cage, in omaggio a Luke Cage, il Power Man, l’eroe di fumetti della Marvel. Con un cognome così, mi dicevo, prima o poi avrei fatto centro”. Scelta accurata o meno, quel cognome gli ha portato davvero fortuna, anche se il suo esordio lo deve a suo zio Francis, che ha dato particine in Rumbe Fish e Cotton Club. Da li in poi la sua carriera è stato un crescendo di successi, dovuti sicuramente alla sua costanza e alla grande umanità che riesce a imprimere nei suoi personaggi.
Riesce sempre ad interpretare personaggi sempre diversi. Studia molto od improvvisa? Se devo entrare nella pelle di un personaggi mi piace scoprirne ogni sua sfaccettatura. Capire come si muove, cosa pensa. Poi mi fido molto del mio istinto. In ogni caso cerco sempre di rispettare il lavoro degli sceneggiatori. Improvvisare mi piace molto ma dipende se la sceneggiatura lo permette.
La sua versatilità ha un modello? Ho deciso di diventare attore guardando i film di James Dean. Lui era veramente speciale, peccato che se ne sia andato così in fretta. Poi mi piacciono molto Robert De Niro e Jack Nicholson, che trovo insuperabili. Con Nicholson mi piace intrattenere conversazioni molto utili e divertenti: tutte le volte lo tedio con domande per capire il suo segreto. E ogni volta c’è sempre qualcosa di nuovo da imparare.
Quanto c’è di Indiana Jones e di Harrison Ford, nel cacciatore di tesori del suo ultimo film? Quasi nulla, anche perché Ben Gates è molto diverso da Indiana Jones. Il mio personaggio non è un professore, non è nemmeno un archeologo ma un uomo che viene da una famiglia di cercatori di tesori. Cercare il Tesoro dei Templari è il sogno che insegue fin dall’infanzia.
Ben Gates però è tagliato per l’avventura. Avrà avuto anche lui un modello… Forse è un eroe romantico e misterioso con poteva esserlo Errol Flynn. Nel Mistero dei Templari c’è quella magia e quel qualcosa di indefinito che Errol avrebbe cercato di scoprire.
Nel film ci sono tutti gli ingredienti di un vero film d’avventure. Si parla di massoneria, codici nascosti ma non c’è il Sacro Graal, come mai? A questa domanda dovrebbe rispondere il regista, Jon Turtletaub. Comunque è stato chiaro fin dall’inizio che avremmo evitato qualsiasi riferimento al Grall, perché su questo tema ero stati fatti altri film; quello di Spielberg e quello dei Monty Pyton. Analogie si ma senza esagerare con le somiglianze.
Lei viene da una famiglia di cineasti. Come mai lavora con loro lavora così poco? Pur essendo molto orgoglioso della mia famiglia, preferisco fare da solo. Mio zio Francis è stato molto importante per la mia carriera e gliene sono grato ma non voglio approfittare di lui. Ma se mi dov’essere offrire una parte interessante perché rinunciare. Sono molto contento del successo di mia cugina Sofia. Se lo merita e con lei mi piacerebbe girare un film anche domani…. Ma non mi chiama. (ride)
Lei sue origini sono innegabilmente italiane… L’Italia è casa mia. E’ l’unico posto in cui torno compiacere, anche perché qui mi rilasso veramente.
Quarant’anni e molti successi. Ha ancora un sogno nel cassetto? Ho sempre desiderato fare l’attore di cinema e come vede questo sogno l’ho realizzato pienamente. Adesso ne ho un altro ma per scaramanzia non lo rivelo, altrimenti non si realizzerà mai.
(Mercoledì 15 Dicembre 2004)
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