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La polemica

Oggettivo l'11 settembre?

Il film di Michael Moore è sincero?


di Pino Moroni


La parola "oggettivo" usata ed abusata nel passato nel descrivere ogni forma di messaggio, in una società di "reality show" è completamente superata.
Ma l'appropriazione della "realtà" da parte dei media ha portato alla graduale manipolazione di ogni "soggettivo". Ciò per significare che tutti credono di ricevere un'informazione "reale" ed etica ed invece sono nelle mani di "drivers" dell'opinione pubblica, che li debbono convincere a favore o contro una qualsiasi tesi.

Questa premessa, che ha ovviamente applicazioni generali, per introdurre il film Fahrenheit 9/11 di Michael Moore, che sta avendo grande successo di critica e di pubblico prima in America ed ora in Italia.
La pellicola ha vinto la Palma d'oro a Cannes come "miglior film", è stata invitata a concorrere agli Oscar come "miglior documentario", ma il parere contrario del suo stesso autore pone la querelle di cosa sia questo "nuovo" prodotto artistico.
Risolto il problema di individuare l'opera nel suo genere (film-dossier, reality show, o film di creazione?) in quanto non ha senso quando un autore usa in generale gli strumenti di più tecniche narrative, collocandosi nella storia del cinema come già si collocarono film come "Europa di notte", "Africa addio", "Mondo cane", "Helga" e quanti altri.
Michael Moore, al di là del suo personaggio di eterno discolo, provocatore amato e odiato a metà dagli spettatori di tutto il mondo, è indubbiamente autorevole e autore, perchè padrone di un buon artigianato filmico (fotografia, ripresa, montaggio, ecc.), ma anche dei moods dell'anima umana (mescolanza di commozione, ironia e storie in in racconto avviluppante). Ma è anche ripetitivo, noioso, con evidenti sbavature filmiche e cinico nel catturare in ripresa "esseri umani" sofferenti ed interpretati secondo scelte aprioristiche.
Forse le cose più riuscite sono i collegamenti spaziali (Arabia Saudita, New York, profondo Sud americano). O temporali (storia di Bush padre, storia di Bush giovane, Bush presidente).
Ho parlato ultimamente con alcune persone che, nel vedere il film, sono andate più in là di una semplice visione intellettiva od emotiva e mi hanno confermato la loro impressione di una forte manipolazione delle immagini, che vanno al di là di una semplice finzione filmica, e caricano di significati troppo artificiosi alcuni momenti clou della pellicola.
Esempi:
1) Bush che rimane sette minuti pensieroso in una scuola dopo che ha saputo dell'attacco al World Trade Center (poco probabile perchè subito imbarcato sull'Air Force One);
2) L'attacco alle torri gemelle filmato solo con i rumori ed un'immagine buia (per non rinnovare lo shock che ha indotto gli americani a chiedere di colpire il terrorismo);
3) I pianti dei familiari delle vittime indirizzati solo ad una critica del governo americano (e non a chi ha strappato loro i cari);
4) La critica al debito americano finanziato dai dollari degli sceicchi arabi (si sa da sempre che i petrodollari vanno dove s'investono meglio);
5) l'ambasciata dell'Arabia Saudita fortemente presidiata da polizia e servizi segreti (si sa che in quel paese vi sono movimenti che vogliono la destabilizzazione del potere filo-americano);
6) la lunga storia della signora di Flint che è orgogliosa di avere tanti parenti nell'esercito e fanatica della bandiera americana, ma che alla morte del figlio in Iraq va alla Casa Bianca a manifestare contro la guerra.

La conclusione è che il regista Moore (ideatore, regista e coproduttore del film) dice molte cose che gli americani non vorrebbero sapere e nessun altro direbbe mai, ma è così figlio di una società di battaglie mediatiche che non può prescindere dall'usare i mezzi tecnici, le ipotesi ideologiche ed ogni strumento narrativo che porti (come succede per ogni programma televisivo) alla vittoria dell'audience.
Se poi "lui" creda in quello che riduce in film o in spot pubblicitari (in questo campo è uno specialista) lo vedremo a breve, appena passate (comunque vadano) le elezioni americane di novembre.




La polemica
Oriana Maerini non concorda affatto con Pino Moroni : vedi il suo
Nel vivo degli eventi
Fahrenheit 9/11
Vincitore a Cannes
Il regista più “politicamente scorretto” d’America dimostra, ancora una volta, di conoscere bene il suo mestiere di documentarista. Riesce a colpire l’animo del pubblico per provocare rabbia e dolore.



(Sabato 25 Settembre 2004)


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